Pubblichiamo l’intervento del Sindaco di Pisa Marco Filippeschi in occasione dei 70 anni della Repubblica Italiana.
E’ bello e significativo celebrate la festa della Repubblica, nel settantesimo anniversario, nella Scuola Normale Superiore, in un’istituzione che tiene alto il prestigio dell’Italia nel mondo.
Il due giugno del 1946, dopo la liberazione dal fascismo e dall’occupazione nazista, di cui il popolo italiano, i partigiani e i soldati, con la lotta armata di Liberazione, e gli alleati furono protagonisti, il paese viene chiamato a scegliere l’assetto istituzionale per il nuovo Stato e una compiuta democrazia di, ben diversa da quella, limitata, che, oltre vent’anni prima, era stata travolta dal fascismo – le ultime elezioni “libere”, limitate e gravemente condizionate dalle violenze fasciste denunciate da Giacomo Matteotti, si fecero nel 1924 –. Questa fu la prima svolta.
La scelta fu per la Repubblica, dopo una campagna elettorale segnata da profonde divisioni e forti tensioni.
Al referendum istituzionale la maggioranza dei votanti scelse la forma di governo repubblicana con circa 12 milioni e 700 000 voti, contro 10 milioni e 700 000 per la monarchia. Umberto II di Savoia, Re d’Italia subentrato in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III il 9 maggio 1946, il 13 giugno 1946 lasciò il Paese con la sua famiglia diretto all’esilio, dopo che il Consiglio dei Ministri lo dichiarò decaduto.
Il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la vittoria della Repubblica. Solo i più ostinati nostalgici della monarchia non accettarono il risultato democratico.
Nacque un’Italia migliore. Si voltò pagina, si sanzionarono le enormi responsabilità storiche della monarchia, si realizzò una delle grandi aspirazioni del Risorgimento. Il Risorgimento che fu anche d’ispirazione mazziniana e dunque repubblicana, come testimonia anche la storia della nostra città e la memoria mazziniana che conserviamo e vogliamo valorizzare. Ideali di libertà che, nel dopoguerra, videro fra i protagonisti i docenti e gli stuidenti della Scuola Normale. Fra tutti, rivolgiamo un saluto affettuoso e riconoscente al Presidente Emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che fu anche antifascista e impegnato nella Resistenza.
Si realizza un’aspirazione che caratterizzò l’antifascismo e la Resistenza, testimoniata dall’esperienza delle repubbliche partigiane.
Il voto è a suffragio universale. Per la prima volta, nel 1946, nelle elezioni amministrative e nel Referendum, votano anche le donne: a Pisa abbiamo ricordato anche questa grande e tardiva conquista in un bellissimo incontro con gli studenti e le studentesse delle scuole pisane.
Quello stesso due giugno, data del referendum istituzionale si votò anche per l’Assemblea Costituente che avrebbe scritto e approvato la Costituzione della Repubblica Italiana.
Sia consentito oggi ricordare due articoli significativi della Costituzione.
L’art. 5, fra i principii: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. E l’art. 114 che recita così: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
Il testo costituzionale nel tempo ha visto cambiamenti e integrazioni, ma l’ispirazione che vede alla base della Repubblica le sue articolazioni territoriali, la “democrazia municipale”, è stata rafforzata e deve essere interpretata con coerenza, cogliendo anche l’innovazione del superamento delle vecchie province e della trasformazione in grandi unioni di servizio per comuni, amministrate dai sindaci e dai consiglieri comunali.
I Comuni sono oggi una istituzione essenziale della nostra democrazia, prossima ai cittadini, che interpreta pienamente il compito ad essa assegnato dalla Costituzione, che rivendica da decenni una rappresentanza più forte con l’istituzione di una camera delle autonomie locali.
Oggi, a Roma, nel corso della tradizionale parata del 2 Giugno, sfileranno, quattrocento sindaci di Comuni italiani a testimoniare il ruolo “dell’istituzione civile più vicina ai cittadini” come l’ha definita il Presidente dell’Anci Piero Fassino. Il Presidente Sergio Mattarella, intervenuto all’assemblea nazionale dell’Anci di Torino, ha difeso con determinazione e in modo limpido la prospettiva dei comuni, duramente provati, indeboliti dai provvedimenti di finanza pubblica e dalle limitazioni all’autonomia organizzativa, dall’impoverimento di competenze.
La nostra Costituzione è nata da una stagione straordinaria della nostra storia: nei suoi principii e nei suoi obiettivi programmatici rispecchia i valori democratici, di giustizia e di solidarietà che ispirarono la Lotta di Liberazione. Ma se lo Stato non funziona – e oggi non funziona – la Costituzione non si può attuare. Ho riletto i discorsi dei Presidenti della Repubblica degli ultimi tre anniversari, il 2 giugno, dopo 40, 50 e 60 anni, quelli dei presidenti Cossiga, Scalfari e Napolitano: tutti hanno richiamato i precorsi avviati per fare le riforme istituzionali, che poi, in tanti anni, non si sono attuate.
La crisi economica ha prodotto un evidente arretramento degli ideali autonomistici che, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, avevano conquistato il centro della scena politica. Le riforme dunque sono una nostra sfida, sono urgenti: tutto ciò che è invecchiato e che non funziona produce ingiustizia, diseguaglianze e egoismo. Allontana dalla partecipazione politica, alimenta populismi, individualismi esasperati, nuovo razzismo.
In questo giorno il nostro sentimento è di felicità e di orgoglio perché festeggiamo una data di svolta nella storia del nostro paese.
Dobbiamo rendere omaggio a quanti con il loro impegno e con il loro sacrificio hanno reso possibile quella svolta, ai tanti caduti, civili, militari, inquadrati nelle formazioni partigiane e al loro contributo alla nascita della repubblica e della democrazia.
In questo senso assume una alto significato la consegna della medaglia d’Onore alla memoria di Gino Graziani, soldato italiano internato nei lager, la cui vicenda testimonia la lealtà e il senso dell’onore dei soldati italiani che, pur di non aderire alla RSI, preferiscono la scelta della prigionia, di una prigionia tra le più dure che si possano immaginare. Rendiamo omaggio a una persona che ci ha lasciato uno straordinario esempio.
La festa della Repubblica deve essere momento di rinnovato impegno per affrontare, forti dell’insegnamento che ci viene dalla nostra storia di riscatto e di rinascita sociale e civile, i grandi problemi che abbiamo di fronte. L’impegno per rilanciare l’Europa come garante di pace e di coesione sociale, in un mondo caratterizzato da insidiosi conflitti, da movimenti migratori epocali, dalla minaccia del terrorismo internazionale; l’impegno per costruire il futuro del nostro paese, per il rinnovamento e il rilancio della nostra economia, per una crescita fondata sulla cultura, sui saperi e sull’innovazione scientifica e tecnologica – anche per questo essere qui, nella Scuola Normale –, per creare nuovo lavoro, per dare nuove opportunità ai giovani.
Il 2 giugno non è solo un giorno da ricordare, ma è un grande patrimonio ancora da spendere e un impegno da mantenere con l’azione quotidiana di cittadini e di rappresentanti delle istituzioni.