Venerdì 15 maggio – ore 21
Obihall – via Fabrizio De André angolo Lungarno Aldo Moro – Firenze
Biglietti: primo settore platea 32 euro; secondo settore platea 22 euro
Prevendite Box Office Toscana HYPERLINK “http://www.boxofficetoscana.it” www.boxofficetoscana.it (tel. 055 210804)
Ticket One www.ticketone.it (tel. 892 101) – HYPERLINK “http://www.obihall.it” www.obihall.it
Info tel. 055.667566 – 055.6504112 – 02.4805731 – HYPERLINK “http://www.bitconcerti.it” www.bitconcerti.it
Buonasera Sergio. Dopo un lungo periodo passato in America, un nuovo disco. Il titolo, “Pop, jazz and love” è una perfetta sintesi delle tue scelte musicali. Che differenze hai osservato tra la cultura musicale italiana e quella statunitense?
Gli Stati Uniti hanno la caratteristica di avere la paternità di molti generi musicali; penso non solo al jazz, ma anche al blues ed al country. In Italia non possiamo vantare la stessa originalità: la nostra musica, ad esclusione della classica, è una musica “di riflesso”. In America i musicisti nascono con una cultura musicale propria; la stessa cosa non può essere detta di quelli italiani. E comunque è stato emozionante vedere durante i miei concerti negli States la gente che si alzava per ballare Italiani Mambo….
Tu sei famoso anche per il tuo modo di scrivere testi. Si sente molto il tuo passato di pubblicitario, che ti consente di coniare strofe con un fortissimo impatto, giocando su acrobazie verbali che rievocano immediatamente immagini e suoni. Quali difficoltà hai trovato, se le hai trovate, ad esprimere la stessa sensibilità utilizzando la lingua inglese?
Quando si compone, è importante che la parola si armonizzi con la musica; il testo ha una sua musicalità intrinseca che deve essere valorizzata affinché il prodotto finale risulti efficace da un punto di vista sia artistico sia comunicativo. Ho seguito la stessa linea anche scrivendo in inglese, che comunque ormai utilizzo bene quanto l’italiano, dopo dodici anni passati negli Stati Uniti; addirittura spesso penso in inglese! Scrivere un pezzo in italiano, poi “smontarlo” e “ rimontarlo” in un’altra lingua sarebbe stata un’operazione farraginosa e che avrebbe compromesso l’efficacia del risultato. Il disco è venuto spontaneamente in inglese, e così l’ho sviluppato, pensando anche al fatto che in questo modo avrei potuto raggiungere un’audience più ampia. E comunque, per i fan più rigorosi, ho pensato di pubblicare sul mio blog ( http://www.sergiocaputo.blogspot.it, ndr) i testi in inglese affiancati alla loro traduzione in italiano.
Si dice che in Italia il cantautorato d’autore sia in profonda crisi. C’è ancora spazio per la musica di qualità in un panorama dominato dai talent e dalla predominanza del personaggio televisivo sul musicista?
E’ vero, purtroppo. Il gusto musicale viene enormemente pilotato da questi strumenti, impedendo di fatto la creazione spontanea di materiale originale. In questo momento in Italia assistiamo all’invasione del rap, con la qualità musicale totalmente bypassata dal “messaggio”…
Hai anticipato proprio una delle domande che volevo farti. La minore importanza attribuita alla musica rispetto al testo da parte dei giovani rappers e freestylers italiani rende comunque questi prodotti altrettanto interessanti da un punto di vista musicale?
Il rap è un genere tipicamente americano, che nasce come risposta a problematiche sociali ben precise. L’Italia non ha le stesse problematiche, di conseguenza proporre un rap italiano risulta essere quantomeno forzato. Negli States proporre qualcosa di nuovo ed originale nel rap significa scovare nuovi beat: il parlato non ha la stessa importanza. In Italia invece, come ti dicevo in precedenza, il rap comincia ad essere considerato come “portatore” di messaggi; da questo l’enorme importanza data al parlato a discapito della musica. Va da sé che il valore musicale del rap italiano non sia paragonabile a quello statunitense.
Quali sono secondo te le motivazioni alla base di una certa freddezza manifestata da una parte della critica nei tuoi confronti? C’è una correlazione con il fatto che il periodo in cui tu hai avuto i più grandi successi coincida con gli anni ’80, spesso considerati di serie B rispetto ad altri periodi storici?
Sì, questa è indubbiamente una delle motivazioni maggiori. In effetti esiste questo pregiudizio nei confronti degli Eighties, che in realtà sono la diretta evoluzione dei ’70’s: questi ultimi sono stati un periodo “buio” socialmente ed economicamente parlando, e la musica, anche quella immortale, ne è stata l’espressione. Gli ’80’s sono musicalmente la testimonianza di un bisogno della gente di leggerezza, di speranza: e questo è stato a torto considerato sinonimo di superficialità. In realtà, come è accaduto per tutti gli altri periodi, la musica brutta è finita nel dimenticatoio, e quella bella la ascoltiamo ancora oggi. Penso a George Benson e allo smooth jazz, e a Springsteen, a Joe Jackson, a Sade, a Sting, a George Michael, a Madonna, agli Spandau Ballet, solo per fare alcuni esempi…
A presto con la seconda parte dell’intervista!
Anna Maria Andreini
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Biglietti (esclusi diritti di prevendita)
Primo settore platea 32 euro
Secondo settore platea 22 euro
Sconti e riduzioni
I bambini sotto i 5 anni di età entrano gratuitamente accompagnati da un adulto, in numero di un bambino/a per ogni adulto, ma non hanno diritto ad occupare un posto a sedere.
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