Aula magna del Polo Carmignani gremita all’inverosimile, lo scorso giovedì 5 maggio, per la presentazione del libro di Anna Barsotti “Il teatro di Toni Servillo. Con dialogo”, edito da Titivillus. Ma, come ha placidamente riconosciuto l’autrice, professore ordinario di Discipline dello Spettacolo presso il dipartimento Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, tutto quel pubblico era lì non tanto per il suo libro; né per Carlo Titomanlio, ricercatore dello stesso dipartimento che ha curato un capitolo sulle scelte scenografiche e le regie liriche; né per Cesare Molinari, professore emerito dell’Università di Firenze, storico del teatro e autore della prefazione. Tutti sono accorsi principalmente per la presenza annunciata del diretto interessato, l’attore e regista Toni Servillo.
E così, dopo l’intervento di Molinari, che ha parlato di “un libro interessante e complesso, da leggere con molta attenzione”, e ha ricordato, tra le altre cose, che “nel teatro il nostro occhio di spettatore, come dice Dario Fo, è una specie di macchina da presa”, uno strepitoso Toni Servillo ha incantato il pubblico, composto per la maggior parte da studenti universitari, parlando sia del libro che della sua carriera di attore, di teatro e di cinema, e di regista teatrale. “Il libro di Anna è importante perché dà dei suggerimenti a chi voglia avvicinarsi al mondo del teatro tout court”. Così Servillo, che si definisce “attore militante”, e che precisa: “Io in realtà non ho mai detto che c’è un mio teatro, così come invece esiste il teatro di Eduardo o di Leo de Berardinis”.
Appena uscito il suo ultimo film, Le confessioni, per la regia di Roberto Andò, Servillo ha raccontato il diverso rapporto col teatro e col cinema. E, tra le due anime, si capisce chiaramente quale delle due predilige: “Parolo molto di teatro, poco di cinema, anche se lo amo fare”. A cinquantasette anni ha fatto venti film, e 1200 commedie solo negli ultimi tre anni. “Se l’applauso dopo lo spettacolo a teatro è moscio, quella frustrazione resiste più a lungo della gioia per aver vinto un oscar (che poi, l’ha vinto Sorrentino, non io!)”.
Il libro è diviso in due parti: la prima riguarda il Servillo attore, la seconda il Servillo regista. La prima parte, in particolare, ha l’andamento di un racconto teatrale, partendo dalle prime esperienze di post-avanguardia fino alle più recenti realizzazioni teatrali e cinematografiche, un percorso più accennato che sviluppato. Tra i principali meriti del libro, secondo Molinari, c’è quello di parlare solo di cosa Servillo ha fatto come interprete, come artista, le sue opere. “Certo i dati personali potrebbero aiutare a capire le ragioni delle sue scelte artistiche, ma oggi, purtroppo, la vita privata degli attori è sempre più al centro”. Molto soddisfatta l’autrice, sia del suo libro sia della presentazione sia della stessa prefazione di Molinari, storico fondamentale del teatro e critico molto severo: “Sono contenta perché credo che sia necessario creare la memoria, in particolare degli spettacoli di Servillo, e spero che leggendo il libro si possano rivedere questi spettacoli, a partire da Zingari, che non è in versione video”.