Ci sono anche i bioingegneri dell’Università di Pisa fra i padri dell’Homo Creatus che da maggio fa ufficialmente parte dell’esposizione permanente del “Museon”, il Museo della Cultura e della Scienza de L’Aia nei Paesi Bassi. Accanto ai modelli dell’Homo Neanderthalensis, dell’Homo erectus, dell’Homo habilis e di Lucy, l’Homo Creatus rappresenta l’ultimo step dell’evoluzione umana e mostra tutte le parti del corpo che possono essere ricostruite e rigenerate grazie alle più recenti tecniche di biofabbricazione e stampa tridimensionale bio-inspirata come ad esempio strutture ossee, cartilagini o condotti vascolari. A svilupparlo è stato un pool di venti istituti di ricerca europei selezionati dal Ministero della Cultura e della Scienza olandese che rappresentano l’eccellenza del settore. E fra questi anche il gruppo di Biofabrication diretto dal professore Giovanni Vozzi del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa che ha realizzato e donato le costole in resina biocompatibile. “Devo ammettere che inizialmente la richiesta da parte del Museon di partecipare alla realizzazione di Homo Creatus – racconta Giovanni Vozzi- mi lasciò un po’ interdetto. Infatti , riuscire a trasmettere al pubblico senso dell’evoluzione umana e della scienza applicata alla salute dell’uomo semplicemente tramite l’esposizione di parti anatomiche ricostruite tridimensionalmente con materiali similari biocompatibili mi sembrava di difficile lettura per un pubblico non sempre avvezzo alle nuove scoperte scientifiche”. La scelta concordata con i partner europei è stata quindi quella di realizzare accanto all’Homo Creatus un vero e proprio percorso interattivo per mostrare il grande lavoro che c’è dietro la realizzazione di ogni singola protesi, ma anche tutti i limiti delle attuali tecnologie biomedicali. Grazie a dei touch-screen, i visitatori possono così toccare le varie parti del corpo che sono riproducibili, vedere come si realizzano le protesi e persino stamparne in diretta alcune in 3D. “Per me ed il mio gruppo è stato emozionante partecipare a questo progetto perché abbiamo cercato per quanto di nostra competenza di rendere più facilmente comprensibile il nostro lavoro di ricerca e di sperimentazione – ha concluso Vozzi – il Centro Piaggio dell’Ateneo è uno dei pochi in Italia che porta avanti la ricerca nell’ambito della Biofabrication e posso anche affermare con certezza che è stato anche il primo ad aver aperto la strada a questa nuova branca della ricerca, dal momento che nel 2010 fui l’unico ricercatore italiano a partecipare attivamente in qualità di socio fondatore alla istituzione della International Society for Biofabrication”.