Pisa, domenica 5 aprile 2020 – “La crisi economica generatasi con la pandemia da Covid-19, ha aggravato la debolezza del nostro tessuto sociale, per le attività che hanno momentaneamente dovuto chiudere i battenti, ma anche dove si sono consolidate relazioni di lavoro occasionali, non regolarizzate, appartenenti al cosiddetto mondo sommerso del lavoro. Questa sacca di invisibili, ambulanti, domestiche, badanti, mestieri nella ristorazione, lavoratori dell’edilizia, artigiani, lavoratori improvvisati per la sussistenza, studenti fuori sede oggi lancia un grido di disperazione.” Così si legge in un comunicato di Vladimiro Basta, consigliere comunale PD, che prosegue: “Il Governo con il provvedimento “Ulteriori interventi urgenti di protezione Civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, misure risorse per la solidarietà alimentare”, ha stanziato il 29 Marzo scorso, per ogni comune una cifra importante, per Pisa 471.203 euro. Ad oggi è stata evitato ogni confronto sui criteri di erogazione e di attuazione del sostegno alimentare, bisogna quindi agire subito con l’informazione più ampia e la massima trasparenza per i cittadini. Il Sindaco e la Giunta devono illustrare in modo trasparente, ai cittadini e alla Commissione competente del Consiglio Comunale, quali sono i criteri di distribuzione di questi “Buoni Spesa”. Esplicitare la modalità di distribuzione, rendendo in qualche forma verificabile in tempo reale la platea degli utilizzatori/erogatori, al di là dell’esercizio dei diritti di accesso agli atti dei consiglieri comunali e dei cittadini. Spiegare perché tale distribuzione non è stata gestita direttamente dalla Società della Salute e la sua rete di associazioni operanti nei settori di confine ed emarginazione sociale. Rendere attiva da subito tramite comunicazioni formali e diffuse alla cittadinanza, della modalità di accesso a tale strumento (Buoni Spesa). Coinvolgere, anche destinando una quota del finanziamento come espressamente ammesso dal provvedimento governativo, le associazioni quali la Caritas Diocesana – ad esempio nel Supermercato della solidarietà Cep –, già operanti in questi ambiti, sostenendoli economicamente al fine di ampliare la rete di distribuzione di questo modello anche in altri quartieri.