Pisa, 5 giugno 2020 – “All’indomani della sentenza del TAR di Firenze sulla variante urbanistica la comunità islamica, gli esponenti del PD e dell’estrema sinistra ed alcune associazioni, inclusa quella denominata «Libero Culto», ergendosi a portavoce di tutti i pisani, parlano con grande enfasi di vittoria e sostengono che i cittadini siano favorevoli alla costruzione della grande moschea di Porta a Lucca, comprensiva di minareto e della cosiddetta ‘scuola coranica’.” Dichiara Manuel Laurora, consigliere comunale di maggioranza a Pisa, in un suo comunicato e prosegue: “Ripercorriamo in sintesi la vicenda. Tutto è iniziato quando il terreno situato all’angolo tra via del Brennero e via Chiarugi, un tempo occupato da uno sfasciacarrozze, è stato reso edificabile. E’ stata modificata la destinazione d’uso del suolo per consentire la costruzione di un luogo di culto all’interno di quella particella catastale (n. 443, foglio 11), nel frattempo acquistata dalla comunità islamica.
Chi ha operato tali scelte? La risposta è ovvia: la maggioranza che all’epoca guidava il Comune, attraverso una procedura (vedi deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 4.4.2013) di cui non fu messa in dubbio la legalità o la regolarità formale. Le obiezioni sollevate da numerosi residenti e dai comitati riguardavano lo scarso coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale ed un problema di comunicazione. La decisione era stata annunciata nel programma elettorale del centrosinistra (mandato 2013-2018) ma non tutti ne erano al corrente. Oggi, dopo anni di dibattito e grazie all’impegno dei Comitati e all’ampia copertura mediatica, il tema è molto più conosciuto. E allora ci poniamo e vi poniamo un paio di domande. Il «Governo del Territorio» è ammesso soltanto se ad amministrare sono gli altri?
Perché l’esercizio di tale prerogativa è (da alcuni) considerato in sostanza inaccettabile quando una nuova Giunta, coerentemente con il proprio programma di mandato e ‘sottoscritto’ dalla maggioranza dei cittadini elettori, esprime la convinzione che l’area in questione sia, per fondati motivi, inadatta ad ospitare un luogo di culto? Tale orientamento, già manifestato durante la campagna elettorale ed ulteriormente rafforzato dagli studi effettuati dagli
assessori competenti, è basato su un’analisi più approfondita del contesto e su una pianificazione territoriale diversa e più lungimirante. Il cambiamento della destinazione d’uso della particella catastale (da utilizzare come area a verde e parcheggio), proposto nel rispetto delle norme urbanistiche vigenti, tiene conto dello sviluppo armonioso e sostenibile dell’intero quartiere. Pertanto ci sembra opportuno e persino doveroso che il Comune, preso atto della sentenza del TAR, continui a difendere il proprio operato e le proprie ragioni in sede giudiziaria, ricorrendo presso il Consiglio di Stato, dove potrà dimostrare la solidità e la validità delle motivazioni tecniche che hanno portato all’approvazione della variante. Chiarito questo punto, si ritorna a ciò che il nostro comitato (Il Popolo decide) ha già sostenuto varie volte. Il modo migliore per coinvolgere i cittadini nelle scelte che riguardano il destino della città è il referendum consultivo, ovvero quel prezioso strumento partecipativo che la precedente amministrazione ha, di fatto, negato per ben due volte. Ricordiamo che il ricorso in tribunale presentato dal comitato nell’autunno del 2017 fu accolto e che la sentenza del febbraio 2018, che tutti possono leggere, stabilì che l’iter referendario potesse proseguire, così come previsto dalla Costituzione Italiana e recepito dallo Statuto e dal Regolamento della città di Pisa. Se qualcuno non ritiene sufficienti le elezioni, i programmi elettorali e le legittime scelte amministrative, perché non dare finalmente la parola ai Pisani, aprendo un vero confronto sul progetto urbanistico?
Chi ha operato tali scelte? La risposta è ovvia: la maggioranza che all’epoca guidava il Comune, attraverso una procedura (vedi deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 4.4.2013) di cui non fu messa in dubbio la legalità o la regolarità formale. Le obiezioni sollevate da numerosi residenti e dai comitati riguardavano lo scarso coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale ed un problema di comunicazione. La decisione era stata annunciata nel programma elettorale del centrosinistra (mandato 2013-2018) ma non tutti ne erano al corrente. Oggi, dopo anni di dibattito e grazie all’impegno dei Comitati e all’ampia copertura mediatica, il tema è molto più conosciuto. E allora ci poniamo e vi poniamo un paio di domande. Il «Governo del Territorio» è ammesso soltanto se ad amministrare sono gli altri?
Perché l’esercizio di tale prerogativa è (da alcuni) considerato in sostanza inaccettabile quando una nuova Giunta, coerentemente con il proprio programma di mandato e ‘sottoscritto’ dalla maggioranza dei cittadini elettori, esprime la convinzione che l’area in questione sia, per fondati motivi, inadatta ad ospitare un luogo di culto? Tale orientamento, già manifestato durante la campagna elettorale ed ulteriormente rafforzato dagli studi effettuati dagli
assessori competenti, è basato su un’analisi più approfondita del contesto e su una pianificazione territoriale diversa e più lungimirante. Il cambiamento della destinazione d’uso della particella catastale (da utilizzare come area a verde e parcheggio), proposto nel rispetto delle norme urbanistiche vigenti, tiene conto dello sviluppo armonioso e sostenibile dell’intero quartiere. Pertanto ci sembra opportuno e persino doveroso che il Comune, preso atto della sentenza del TAR, continui a difendere il proprio operato e le proprie ragioni in sede giudiziaria, ricorrendo presso il Consiglio di Stato, dove potrà dimostrare la solidità e la validità delle motivazioni tecniche che hanno portato all’approvazione della variante. Chiarito questo punto, si ritorna a ciò che il nostro comitato (Il Popolo decide) ha già sostenuto varie volte. Il modo migliore per coinvolgere i cittadini nelle scelte che riguardano il destino della città è il referendum consultivo, ovvero quel prezioso strumento partecipativo che la precedente amministrazione ha, di fatto, negato per ben due volte. Ricordiamo che il ricorso in tribunale presentato dal comitato nell’autunno del 2017 fu accolto e che la sentenza del febbraio 2018, che tutti possono leggere, stabilì che l’iter referendario potesse proseguire, così come previsto dalla Costituzione Italiana e recepito dallo Statuto e dal Regolamento della città di Pisa. Se qualcuno non ritiene sufficienti le elezioni, i programmi elettorali e le legittime scelte amministrative, perché non dare finalmente la parola ai Pisani, aprendo un vero confronto sul progetto urbanistico?
Per rinfrescarci la memoria, senza indulgere a considerazioni soggettive, a differenza di chi ha definito la grande moschea un «regalo alla città», ci limitiamo ad elencare alcuni dati oggettivi, e a ribadire che il vero ‘regalo alla città’ è consentire agli amministratori di rispettare il programma elettorale votato dalla maggioranza dei cittadini e indire il referendum perché tutti si possano esprimere democraticamente.
Si tratta di un duplice fabbricato di dimensioni imponenti e di notevole impatto paesaggistico; la sala di preghiera avrebbe una capienza di 800 posti; le torri laterali, una delle quali verrebbe adibita a minareto, sarebbero più alte delle antiche mura cittadine. Il terreno sorge in una strada stretta, a «imbuto», a senso unico, priva di parcheggi adeguati, davanti al CUS e nelle immediate vicinanze delle palazzine del complesso residenziale del villaggio 2000 e di un asilo, la scuola dell’infanzia Parmeggiani. La Giunta ha il diritto e il dovere di valutare molto attentamente se una simile struttura sia compatibile con le criticità dell’area e con lo sviluppo complessivo del quartiere oppure no; tuttavia l’allargamento del processo decisionale è sempre un segno di democrazia e libertà. Infatti la città non è composta soltanto da chi la amministra pro-tempore ma anche e soprattutto dai cittadini che la abitano, che non esistono solo per pagare le tasse. Fermo restando la piena liceità della procedura di variante urbanistica, che si inserisce in una consolidata prassi di Governo del territorio, il referendum potrebbe rappresentare una perfetta sintesi delle esigenze di amministratori e amministrati. Quanti dei dispendiosi e discutibili progetti che la precedente maggioranza ha con ostinazione portato avanti, alterando in modo irrimediabile la fisionomia di alcune aree della città, sarebbero stati approvati anche dai pisani residenti? Ricordiamo in particolare il fallimentare progetto People Mover e al complesso della Sesta Porta, ma anche al parcheggio interrato di piazza Vittorio Emanuele II, che per diversi anni trasformò il salotto cittadino in un cantiere a cielo aperto. E per favore, non si faccia più appello in modo strumentale e retorico alla libertà di culto. L’argomentazione in base alla quale la mancata costruzione di uno specifico edificio verrebbe ad impedire un diritto non è pertinente e contraddice la realtà, visto che a Pisa chiunque è libero di pregare ed esistono già da tempo vari luoghi di culto e centri culturali islamici.”