Pisa, 9 ottobre 2022 – Il Piano di Recupero ex-Motofides è scaduto il 14 dicembre 2016, dopo 10 anni dal giorno della sua approvazione definitiva.
Decorso tale termine “il piano diventa inefficace per la parte non ancora attuata”: questo afferma l’Art. 110 della Legge Regionale n. 65/2014. Secondo La Città ecologica non è possibile rilasciare nessun Permesso a Costruire.
“Occorre andare all’adozione di un nuovo Piano di Recupero – fa sapere l’Associazione Ambientalista – che ne ridimensioni l’impatto: edifici per oltre 50.000mq di superfici utili, circa 300 appartamenti, vaste superfici commerciali, edifici fino a 4 piani e fino a 13m di altezza. La vista da Marina verso la foce del fiume e le Apuane compromessa, con una grave lesione del patrimonio paesaggistico. Tutto ciò è oggi insostenibile. Comunque sulla questione giuridica si esprimerà il TAR. La proprietà ha presentato la richiesta di Permesso a Costruire per i primi tre lotti, sulla Via Barbolani.
Si tratta di un intervento di Nuova Edificazione che nulla ha a che vedere con la Rigenerazione Urbana, una categoria di interventi che riguardano aree in cui risultino “condizioni di degrado”.
Qui il problema non è la qualità dell’intervento di questo primo lotto. Il problema è la necessità che il Piano di Recupero nel suo complesso sia ridisegnato, ridimensionandolo. Non depone a favore della credibilità della proprietà l’operazione che si sta portando avanti sul recupero della Villa Romboli, spacciata come la “Villa delle Rondini”.
La verità storica è un’altra: Eleonora Duse affittò nel 1899 l’edificio detto vecchia Dogana chiedendo lei “che non venisse apportato nessun lavoro di manutenzione, facendo in modo che restassero intatti i davanzali e le soglie infestate dalle erbe, nonché i nidi delle rondini sotto il tetto”. Tutto per preservare l’alone di rusticità e romanticismo che la Dogana, ribattezzata da D’Annunzio “Casa delle Rondini”, racchiudeva.
Quindi la vera “Casa delle rondini”, è quella già restaurata, senza che niente stia a ricordare la sua storia, che oggi ospita la sede della società che gestisce il Porto di Pisa, come la stessa società scrive sul suo sito web.
Il pateracchio che si cerca di costruire oggi, mosso forse da scopi pubblicitari, nei fatti risulterà un inganno, un’americanata.”