Sono numerosi i cittadini pisani che hanno percorso il decumano e fatto il proprio giro del mondo tra gli oltre 140 paesi e organizzazioni internazionali presenti.
Il tema scelto dall’Italia per Expo Milano 2015 è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e insieme ai Paesi ospiti è stato trattato il problema della nutrizione per l’uomo nel rispetto della Terra sulla quale vive.
È stato molto interessante vedere come il tema della nutrizione è stato affrontato da ciascun Paese in base alla morfologia, geografia, economia, cultura, modi e stili di vita. È impossibile elencare tutte le esperienze sensoriali, culinarie e visive fatte o che si sarebbero potute fare.
Se entri nello stato di Israele scopri che si sono dovuti ingegnare parecchio per indurre una terra arida e molto salina ad essere adatta all’agricoltura. Numerosi studi e ricerche svolte negli anni hanno portato per esempio alla realizzazione dell’irrigazione a goccia (in un paese dove piove pochissimo, anche ogni singola goccia d’acqua va salvaguardata e ben utilizzata), e in questo modo è nato il pomodoro “pachino”.
Se visiti l’Iran sei affascinato da un altro stato che vive condizioni metereologiche non sempre propizie e dovendo “sopportare” il vento dei 120 giorni che spira dal deserto lo hanno sfruttato per creare energia eolica inventandosi dei rudimentali molini a vento. Successivamente, il progetto è stato venduto ai cinesi che hanno trasformato i mulini a vento di legno nelle pale triangolari che tutti conosciamo.
Colpisce il padiglione del Regno Unito, perché ispirato ad un alveare. Sappiamo tutti che la Gran Bretagna non è famosa per la produzione del miele, ma l’idea di rispondere al tema della nutrizione mediante un alveare risiede nel dare importanza a tutti gli anelli della catena alimentare partendo proprio dalle api e dalla loro indispensabile attività di impollinazione.
Merita una visita anche il padiglione del Marocco; entrando si affronterà un vero e proprio viaggio tra i sapori di un paese che geograficamente è diviso in cinque distinte regioni: clementine e mandorle per l’area mediterranea; fichi, capperi e uva nella regione centrale; melagrana, zafferano e olio d’Argan nella regione montuosa dell’Atlante, ostriche, peperoncini, fagiolini e pomodori lungo la costa che si affaccia sull’oceano atlantico. E infine la regione sahariana. Attraversando questa parte si comprende come, anche un territorio apparentemente ostile come il deserto, può invece, se giustamente coltivato, dare i suoi frutti quali: fichi d’India, rose (da cui si ricavano oli essenziali e acqua di rosa), datteri e il famoso cous cous, una preparazione di cinque cereali riconosciuta IGP.
Per concludere vale la pena fare la fila per entrare in Angola. Un padiglione di tre piani dove al centro campeggia un baobab stilizzato, albero sacro nella cultura angolana. Passeggiando nel padiglione sembrerà di visitare questo attraente ma ancora poco conosciuto paese. Sulle pareti si alternano foto di paesaggi e scorci del paese, ogni tanto parte la loro musica che coinvolge, sui video è possibile apprezzare le ricette angolane con influenze di ingredienti provenienti dall’Italia e dal Portogallo, ma quello che colpisce di più è l’accento posto sul ruolo fondamentale che la donna ha nella società angolana occupandosi della famiglia in senso ampio, oltre che dell’educazione, anche della sussistenza della famiglia lavorando in agricoltura o nella pesca, maggiore fonte di economia nazionale e nello stesso tempo promotrice dello sviluppo e custode delle tradizioni. Sul baobab si alternano numerose foto di donne che raccontano ai visitatori la loro storia personale e professionale.
Quello che ha lasciato Expo è una scelta più responsabile nel consumo del cibo; un’attenzione maggiore alla sostenibilità ambientale; un personalissimo giro del mondo tra culture diverse.
Patrizia Russo