Pisa – “Orgogliosa” di essere di nuovo candidata in Toscana ( nel 2013 era capolista al Senato per il Pd) e felice di potersi battere per il centrosinistra nel collegio senatoriale 6 di Pisa dove Valeria Fedeli da sindacalista della Cgil ha costruito forti legami (“politici e umani”) nelle lotte a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori del tessile e del cuoio e come ministra all’università ha aiutato a costruire la federazione fra Università degli Studi di Pisa, Scuola Normale e Sant’Anna che farà di Pisa un centro di formazione universitaria all’avanguardia nel mondo.
“Qua mi sento a casa mia perché sento un comune legame coi valori della nostra Costituzione che sono un patrimonio vero dei cittadini di queste realtà. Simbolo della mia campagna è l’articolo 3 della Costituzione che sancisce l’obiettivo di uguaglianza fra tutte le persone e stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il raggiungimento. E io prima da sindacalista poi da senatrice e ministra e adesso come candidata del centrosinistra mi sono data lo scopo di rimuovere quegli ostacoli”.
La ministra all’istruzione, università e ricerca dopo una lunga vita spesa nella Cgil (“oltre 34 anni dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori” annota sorridendo) e, prima di essere chiamata da Gentiloni nel suo governo, una più recente esperienza ai vertici del Senato come vicepresidente, ha voluto iniziare proprio dal cuore del suo collegio, Pisa (presente anche il sindaco Marco Filippeschi) ,la sua nuova sfida con due appelli.
Il primo esplicitamente rivolto a sinistra richiamando espressamente l’appello di Romano Prodi: “come ha spiegato bene il padre dell’Ulivo – dice Fedeli – il Pd e la sua coalizione lavorano per l’unità del centrosinistra, LeU no. E’ ovvio quindi che chi vota per i candidati di chi ha diviso il centrosinistra fa un favore alle destre che si chiamino 5Stelle o Lega poco cambia. E da queste parte ne sapete qualcosa visto quello che è successo a Cascina”. Il riferimento è alla vittoria leghista nel comune alle porte di Pisa conquistato da una sindaca con cui Fedeli ha avuto una forte polemica. “Si l’ho criticata perché aveva deciso di non celebrare le unioni civili, violando apertamente una legge dello Stato che riconosce diritti a chi prima non ne aveva. Ma questa è la destra: un concentrato di populismo reazionario e conservazione”. Un pericolo di fronte al quale dividersi è da masochisti. Un concetto, rivela, che ha espressamente spiegato pochi giorni fa anche al leader di Leu di Pisa, Paolo Fontanelli, in una telefonata. “La sua scelta di uscire dal Pd non me la spiego. Lui fa parte di quella sinistra riformista e di governo che ha profonde radici a Pisa e in Toscana.Non comprendo come si possa pensare di rafforzare la sinistra dividendola col rischio di far vincere la destra. Vedo che a LeU piace lo slogan di Corbyn, ma lui non ha mai lasciato il Labour Party anche quando era in minoranza. A Pisa e negli altri collegi la scelta è semplice: se non voti il candidato del centrosinistra vuol dire che vuoi che vincano le destre”.
L’altro appello la ministra invece lo invia a tutti gli avversari: “per me sono avversari non nemici e quindi chiedo che ci sia un confronto serio e serrato sulle proposte, anche duro, ma nel rispetto delle persone. Da parte mia non sentirete mai attacchi personali. In questo Paese c’è bisogno di riscoprire anche uno stile nel fare politica. Perché, soprattutto nei confronti delle donne, oramai s’è passata la misura e noi come politici abbiamo il dovere del buon esempio nei confronti dei nostri concittadini”. Non a caso Fedeli ricorda di aver già firmato il manifesto della comunicazione non ostile in politica promosso da #cambiostile ((http://paroleostili.com/cambiostile/)
Quanto alle polemiche sulle composizione liste del Pd e sull’accusa di essere diventato il partito di un uomo solo, Fedeli spiega di averle trovate “non solo infondate ma anche offensive. Perché il Pd è un partito plurale come dimostrano le storie così diverse dei candidati che oggi sono qui con me dal professor Stefano Ceccanti, a Rosa Maria Di GIorgi, a Susanna Cenni a Lucia Ciampi. Ognuno di noi ha la propria formazione, siamo diversi ma ci unisce una comune base di valori che è quella che sta scritta nella Costituzione su cui è nato il progetto Pd, uno strumento aperto e plurale per dare finalmente una casa comune ai riformismi italiani”.