In sette mesi, nella nostra provincia hanno chiuso 314 imprese e le nuove aperture solo la metà, 176. Se sono 18 le aziende aperti, 21 sono quelle che hanno chiuso; e a patirne di più sono le botteghe di quartiere nel commercio al dettaglio. Nemmeno per i negozi on-line il momento è proficuo: su 40 ditte esistenti, 3 nascono e 4 che hanno chiuso.
L’unica eccezione è il commercio ambulante che secondo la Confesercenti resta a galla grazie anche alla regolarizzazione di immigrati che dalle vendite al nero sono passati ad una attività come ditta effettivamente registrata nell’anagrafe camerale.
Il segnale ancor più preoccupante deriva dal turismo, settore sul quale si dovrebbe puntare per far risollevare almeno un po’ l’economia della Livorno che verrà, provincia compresa (fino a Piombino).
Dichiara Alessandro Ciapini direttore Confesercenti: «L’emorragia di imprese non si ferma, anche se in alcuni settori si intravede qualche piccolo segnale di speranza. Colpa della crisi dei consumi interni, che è il segno distintivo di questa recessione italiana: va insieme a una deregulation degli orari e dei giorni di apertura, non ha eguali in Europa e favorisce solo le grandi strutture».
Tutto questo: «sta continuando a distruggere il nostro capitale imprenditoriale» continua Ciapini, ma fortunatamente ci pensano le nuove generazioni, infatti il 40% delle nuove imprese di commercio e turismo è giovanile e per il direttore questo significa «i nostri ragazzi non vogliono arrendersi» e, di fronte a un tasso di disoccupazione under 30 che macina record su record, scelgono «la via dell’auto-impiego».
Però, rincara Ciapini: «devono arrivare senza indugio segnali dalle istituzioni nazionali e locali che vadano incontro alle start up giovanili». Non è affatto casuale ogni riferimento a «agevolazioni in materia di Tari e di finanza locale che incentivino coloro che decidono di aprire attività in fondi attualmente sfitti o nei centri storici delle nostre città».
Sarebbe il modo, secondo la Confesercenti, per «ridare vita ai nostri quartieri e riaccendere le luci delle nostre strade» perché «i negozianti da sempre sono le prime vere sentinelle contro la microcriminalità: se muore il commercio muoiono le città».