Pisa – Sul contratto di acquisto dell’Ingv per il trasferimento negli spazi della Sesta Porta, il tribunale dà ragione al Comune di Pisa: l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dovrà rimborsare 2,7 milioni di euro che si aggiungono ai 900mila euro già versati dopo la prima sentenza e ai 360mila euro della caparra. Ingv condannato a pagare inoltre le spese giudiziarie 27.800 euro più iva. La vicenda è quella relativa all’impiego dei locali della Sesta Porta: l’edificio realizzato da Sviluppo Pisa, società di scopo di Pisamo, recuperando un’area già urbanizzata di fianco alla stazione centrale per creare uffici e una nuova stazione dei bus. Nel 2009 Sviluppo Pisa e Ingv firmano un contratto preliminare: l’istituto si impegna ad acquistare per 9 milioni di euro una parte dell’edificio per stabilire la sua nuova sede pisana, Sviluppo Pisa si impegna a realizzare una struttura con le caratteristiche richieste dall’istituto. Poi la marcia indietro di Ingv che non vuole onorare il contratto, la vicenda finisce in tribunale, suddivisa in diverse sentenze perché il contratto prevedeva pagamenti a stati di avanzamento. Dopo la prima sentenza favorevole al Comune, che tramite Sviluppo Pisa ha avuto 900mila euro, adesso la seconda sentenza per 2,7 milioni di euro.
«La sentenza conferma l’operato rigoroso del Comune e l’ingiustificato sottrarsi dell’Istituto da uno stringente obbligo contrattuale. Si è trattato di una vera e propria enormità – sottolinea il sindaco Marco Filippeschi – con il tradimento di un impegno che era alla base della realizzazione di un grande investimento, con la gravissima difficoltà che ciò ha determinato per la nostra città. Solo la solidità finanziaria del Comune e la capacità di Pisamo di far fronte ad ogni impegno, hanno consentito di sostenere l’impatto di una scelta infondata ed incauta, che ha pochi precedenti nei rapporti fra istituzioni pubbliche. Ora proseguiremo fino in fondo a difendere l’interesse pubblico e a pretendere quanto è dovuto al Comune. L’enormità del caso sta anche nell’evidente necessità del trasferimento dell’Istituto da sedi sparsi in città, con ingenti fitti passivi – aggiunge Filippeschi – per potenziare attività di altro livello scientifico e di sicura utilità per il nostro paese. Continuiamo a chiedere giustizia anche nell’interesse dei ricercatori e di tutti i dipendenti dell’Ingv, consapevoli di come la nuova gestione dell’ente si sia impegnata per rimediare all’incoerenza e ai danni già prodotti dalle scelte che ha ereditato».