Sabato 9 aprile è andato in scena al teatro verdi di Casciana Terme lo spettacolo Silenzi di Guerra, di Renato Raimo, protagonista di questa performance fatta di ricerca e impegno civile.
Lo spettacolo nato da un’idea dello stesso Raimo e da lui diretto e interpretato è una breccia nello stomaco. Una scheggia di mina che esplode dissonante spargendo intorno la miriade di frammenti imbevuti di dolore. Il dolore per la guerra. Un dolore composto da diversi dolori, e che Raimo ha voluto sottolineare con i “Silenzi”e non con le grida. Un ascensore verso le profondità dell’anima, quella di un padre che non accetta che gli eventi storici travolgano il suo quotidiano tentativo di vivere una vita normale, fatta anche di incomprensioni tra un padre e suo figlio, il suo unico figlio.
E così lo spettatore cullato dalla voce del protagonista si lascia scavare, implodere ed esplodere in questo racconto che ha un’unica trama ma molteplici livelli di lettura, un unico protagonista ma moltissimi coprotagonisti che si contendono le fila del discorso. Difficile fare un’analisi univoca senza scavare a fondo nel pezzo, nell’interpretazione nelle parole, senza elevarsi come deus ex machina per togliere ad uno a uno tutti i veli fino a scovare il cadavere putrefatto della guerra e inciderlo, come lama di bisturi con le parole per eviscerare l’essenza delle anime, fiotti di vita fluenti ancora in grado di librarsi in volo e aleggiare sulle teste degli uomini e dei loro infatui destini. Così Renato Raimo accoglie e sorprende il pubblico coinvolgendolo fin dall’inizio, interagendo con lui, portandolo a cantare con l’afflato di un coro muto quelli che sono i lamenti di una straziante pagina della storia, per tratti pisana. Si narrano le vicende contestualizzate durante la Prima Guerra Mondiale e un fatto reale, accaduto in quei frangenti, fra Pisa e Gorizia.
A quel punto ormai il pubblico è catturato, dalla storia di Franco, professore di all’Università di Medicina e di suo figlio Daniele, partito in guerra, chiamato in causa da mamma patria per servirla; -“un’Italia appena nata e già mandata a morire”; si nutre la speranza di salvezza, propria e degli altri. Ci si riconosce fratelli, uniti in un giovane destino. Ragazzi diventati adulti troppo presto.
Ma il padre di Daniele, uno stimato medico non ci sta e decide di intraprendere un viaggio alla ricerca del figlio, di se stesso, di un senso. Le parole scandiranno il tempo. E non solo. Le luci, le scenografie e le note di una struggente fisarmonica suonata a scena aperta da Marco Lo Russo che ha riarrangiato per la sua fisarmonica le originali note di Andrea Marra scritte per Raimo. Lo Russo con la sobrietà e la forza del suo strumento avvolge i protagonisti scandendo con le sue note lo scorrere delle emozioni.
Uno spettacolo ricco di messaggi per uno spettatore attento. Una struggente stazione, le lancette dell’orologio che non ci sono perché la guerra le porta via nel suo abisso. L’eterea, bianca figura femminile che mortale “Beatrice” accompagnerà con la sua luce questo “Virgilio” nella discesa agli inferi. Un ruolo “silenzioso” quello interpretato con grande professionalità da Francesca Angelica Orsini.
L’interpretazione di Renato Raimo, in un alternanza di spazio e tempi si accomoda delicatamente sul dolore della guerra analizzandola con la minuzia di un chimico che al microscopio esamina il suo bacillo preferito per poi trovare cura, l’antidoto. E così inizia un gioco di paradossi: le parole descrivono il silenzio, la dolcezza della recitazione racconta la violenza, la paura si fa coraggio e la morte regala vita. Perché il senso del teatro alla fine è proprio quello, nella finzione delle interpretazioni evincere il guizzo vitale che riempie i corpi impotenti di fronte ai grandi sistemi ma caparbi nel decifrarli per potersene servire. Le scenografie ideate e disegnate dallo stesso Raimo, ricordano l’espressionismo tedesco del cinema degli anni ‘20 , “Il Gabinetto del Dottor Caligari” e nelle rette distorte delle rotaie, nelle lancette immobili del grande orologio e nella fissità di una parete di tulle, che separa la scena dal pubblico, si esprime il disagio umano, lo sconforto e la dura angolazione che prende l’animo di fronte al pus della guerra.
Figure geometriche in scena, punte acuminate e luci danzanti che sostengono il monologo di una storia di guerra e speranza, di perdita e ricerca, di scoperte e sconfitte. Mentre gli spettatori rimangono in bilico fra un saliscendi di emozioni e il groppo alla gola attanaglia, Renato si muove con la leggerezza di un’ anima in una sobria ricerca di atmosfere e movimenti mantenendo un elegante stilema nella recitazione che ricorda la dannunziana ricerca del piacere letterario nella drammatizzazione della vita. Una recitazione equilibrata fra l’offesa e la difesa che riesce a colpire e a coinvolgere lo spettatore in una letale presa narrativa che inneggia ai valori sinceri dell’umanità fusi con l’amore, che poi sono i principi guida della vita di Raimo. “Il teatro è un avvicinarsi lentamente ai sentimenti di un personaggio – dice Renato – e richiede molto tempo. Bisogna essere elastici e recuperare dal bagaglio quello che serve per la prestazione professionale richiesta. Non ci si improvvisa, si devono avere gli strumenti giusti, si recuperano nel tempo con l’esperienza e la preparazione. L’abilità sta nel saperli usare nel giusto contesto. Approcciarsi al teatro è come andare in moto, è vita vissuta, ma bisogna fare attenzione, se non ci si prepara bene si rischia il fallimento. Spesso si invidia la parte superficiale di questo mestiere, il glamour se così posso dire o il momento del palcoscenico, ma solo chi lo fa come me, con impegno, passione e sfida si rende conto del duro lavoro quotidiano che solo una determinazione animata da sani valori può sostenere.”
Dallo spettacolo diretto dallo stesso Raimo è nato anche un libro pubblicato dalla casa editrice romana Argo che raccoglie e ripropone la messa in scena. Un libro dell’attore che consente di attivare la visione dello spettacolo a chi non lo potrà vedere a teatro, o a coloro che lo hanno visto, di ripercorrerne le emozioni. Il testo è impreziosito da foto e dal back stage che fa capire il percorso di un’idea che si concretizza poi nel luogo per cui è stata pensata: le tavole del palcoscenico.
Alla domanda: “potrebbe nascerne un film? Raimo sorride e gli si illuminano gli occhi!
Il tour 2016 di “Silenzi di Guerra” si chiude ad Arezzo al Teatro Petrarca il 13 maggio prossimo. Ma Raimo ha intenzione di replicare fino all’11 novembre 2018, il centenario della “fine” della 1° guerra mondiale, lasciando a tutti un messaggio di speranza e di pace.
a cura di Valeria Tognotti