Sprechi ridotti al minimo per la raccolta dei rifiuti a Pisa. Lo dimostra uno studio di Confcommercio su dati Open Civitas, nel quale si evince che la città della torre fa registrare uno scarto inferiore all’1% tra il fabbisogno standard e la spesa effettiva, 127 mila euro di differenza a fronte di un livello inefficienza che in Toscana vale 44 milioni di euro di sprechi. “Questo semplice dato non è sufficiente per essere ammessi nel club dei comuni virtuosi – spiega Federico Pieragnoli, direttore di ConfcommercioPisa – ma rispetto alle altre città toscane, con la vicina Lucca capofila degli sprechi con un +48%, la situazione del costo del servizio nel comune di Pisa rispetto al fabbisogno è decisamente sotto controllo”.
Secondo lo studio Confcommercio, nel periodo 2012-2015, la spesa sostenuta dalle imprese del commercio pisane è inferiore a quella registrata nei comuni con caratteristiche simili e tra le dieci categorie commerciali considerate (distributori, alberghi con e senza ristoranti, esposizioni, negozi, supermercati, discoteche, ristoranti, bar, ortofrutta) ben 7 presentano una spesa inferiore rispetto alla media. “Questo è vero in generale – conferma il direttore Pieragnoli – ma consideriamo che negli ultimi quattro anni il tributo per le imprese pisane è cresciuto in media del 14%. E soprattutto, attività chiave come ristoranti (+25%) e bar (+16%) sono oggi tassati ampiamente sopra la media dei comuni con caratteristiche affini. D’altro canto, i dati dimostrano che negli ultimi 5 anni, ristoranti e pizzerie hanno subito in media aumenti del 480%, i bar del 320%, gli alberghi del 220%, le discoteche del 690%. Una tassazione crescente doppiamente ingiustificata, visto che nello stesso periodo la produzione totale di rifiuti ha subito un rallentamento significativo. E’ necessario quindi intervenire per riequilibrare e ridurre seriamente questi incrementi inaccettabili”.
C’è anche un aspetto più tecnico che Pieragnoli intende sottolineare: “I costi sono troppo sbilanciati sulla quota fissa, che rappresenta il 55% dei costi complessivi. Un fatto che indebolisce il già fragile legame tra tassa e rifiuti prodotti, oltre a ridurre gli effetti positivi delle agevolazioni che spesso agiscono solo sulla quota variabile. Ci sono quindi troppi squilibri e disparità che determinano un evidente violazione del principio europeo del “chi inquina, paga” che insieme all’equità, dovrebbe essere alla base della tassa sui rifiuti”.