Pomarance (PI), 11 settembre 2024 – La mattina del 9 settembre scorso alle ore 7:00, presso l’azienda agricola di Carmelo Carai, un branco di lupi ha scatenato una vera e propria strage: 40 pecore sono state sbranate e altre 40 sono state gravemente ferite. Molte delle pecore sopravvissute rischiano ora di abortire, mettendo in pericolo l’intero gregge e la sopravvivenza dell’azienda. Un danno economico incalcolabile che ha scosso profondamente la comunità rurale locale, già provata dalla continua pressione dei predatori. Carai, disperato, ha dichiarato: “Non so più come andare avanti. Ho perso quasi tutto: i miei animali, i sacrifici di una vita, il duro sudore della mia fronte, la speranza. Questo non è un danno, è una condanna”. Il senso di impotenza e frustrazione è condiviso da altri allevatori della zona, uno dei quali ha spiegato: “Ogni giorno mi chiedo se sarà l’ultimo per le mie pecore. Non abbiamo più mezzi di difesa efficaci: le recinzioni non bastano e i cani da guardia non possono nulla contro predatori così agguerriti e famelici”. L’attacco a Pomarance riporta alla mente il disastro del settembre 2020 a Castiglion d’Orcia (SI), dove l’allevatore Gianluca Cocco perse 117 pecore in un’unica predazione. La situazione non è migliore altrove: sempre il 9 settembre, presso l’azienda agricola “La Palazzina” di Francesco Espis, sei pecore sono state uccise dai lupi, aggiungendosi alle numerose perdite subite da Espis nel corso degli anni. Gli allevatori sono esasperati e si chiedono dove sia la Regione in questo momento di crisi. “Dove sono le promesse della vicepresidente Saccardi? – dicono gli allevatori – Dove sono gli esperti della task force lupo? Ci vogliono far credere che una convivenza sia ancora possibile, ma intanto il nostro lavoro, la nostra sicurezza e il nostro futuro vengono messi a rischio ogni giorno. È ora di smettere di illuderci con soluzioni inefficaci come messaggini WhatsApp e visite superficiali da parte degli “esperti” della task force. Gli allevatori chiedono misure concrete, urgenti e risolutive. È giunto il momento di cambiare rotta e agire davvero per tutelare chi vive e lavora sul territorio, lontano dalle comodità degli uffici istituzionali. La Regione deve svegliarsi e prendere in mano la situazione prima che sia troppo tardi, perché qui siamo disperati e sfiduciati verso chi dovrebbe proteggerci e supportarci, e che invece dimostra quasi di essere di parte”.