Pisa, venerdì 24 gennaio 2020 – Sarà sufficiente la sottoscrizione di un semplice accordo di riservatezza con l’Università di Pisa per attivare la carriera alias, il dispositivo che tutela le persone che hanno la necessità di utilizzare, all’interno dell’Ateneo, un nome diverso rispetto a quello anagrafico. È stato infatti approvato dal Senato accademico un nuovo regolamento semplificato che tutela l’identità di genere di tutta la popolazione universitaria: tra le novità, c’è la possibilità di attivare questa procedura non solo per gli studenti, ma anche per docenti, personale, dirigenti, componenti esterni ed esterne degli organi collegiali e tutte e tutti coloro che a vario titolo operano, anche occasionalmente e temporaneamente, nelle strutture dell’Ateneo. E per farlo non ci sarà più bisogno di presentare alcuna certificazione medica.
A chi farà richiesta sarà assegnata un’identità provvisoria al fine del rilascio di nuovi documenti di riconoscimento, come il libretto universitario o il badge, di un nuovo account di posta elettronica o di targhette identificative. Inoltre, per garantire il pieno accesso al dispositivo della carriera alias, l’Università di Pisa, attraverso il Comitato unico di garanzia (CUG), si impegna a fornire adeguata formazione in merito ai temi che riguardano l’identità di genere a tutto il personale coinvolto nelle procedure relative alla carriera alias e al personale in contatto diretto con i richiedenti.
“La decisione assunta all’unanimità dal Senato accademico – sottolinea il neodelegato alle politiche di genere Arturo Marzano – rappresenta un grande passo avanti in termini di inclusione di studenti fino ad oggi non pienamente tutelati. La carriera alias conferma l’impegno del rettore Paolo Mancarella e di tutto l’Ateneo a realizzare politiche capaci di garantire concretamente pari opportunità. Grande soddisfazione giunge poi dal metodo con cui siamo arrivati qui: il regolamento approvato dal Senato è il frutto di un lavoro di squadra, che ha visto impegnate in prima linea la prorettrice agli affari giuridici Michela Passalacqua e la presidente del CUG Elettra Stradella, ma a cui hanno contribuito fattivamente docenti, personale tecnico amministrativo e studenti”.
Una pluralità di contributi messa in evidenza anche dalla presidente del Comitato Unico di Garanzia, Elettra Stradella, che ricorda: “Questo regolamento è il frutto di un lavoro che è partito nel gennaio 2019, quando a Pisa abbiamo ospitato il convegno della Conferenza nazionale degli organismi di parità delle Università italiane, organizzandolo come CUG, sul tema delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Al termine del convegno abbiamo approvato una mozione, trasmessa alla CRUI, nella quale prima di tutto proponevamo, agli Atenei virtuosi come il nostro, che già da tempo aveva adottato la carriera alias, di semplificare le procedure sostituendo a istanze e certificazioni, che rappresentano dolorosi aggravi procedurali, la sottoscrizione di un semplice accordo di riservatezza tra studente richiedente l’identità alias e Ateneo. L’obiettivo a Pisa è stato raggiunto”.
“Il regolamento approvato è frutto di un lungo e attento lavoro fatto negli organi d’ateneo e, in particolare, all’interno del CUG – dichiara Junio Aglioti Colombini, presidente di Glauco, associazione LGBTQI+ dell’Università di Pisa – siamo felici che il dispositivo alias sia stato interpretato come un’azione culturale e politica e non burocratica, come testimoniano gli eventi di approfondimento proposti dal CUG e l’inserimento della formazione al personale coinvolto nell’attivazione degli alias, oltre all’affermazione di un percorso autodeterminato e svincolato dalla visione patologizzante dell’esperienza trans*”.
“È un regolamento collocato nel contesto sociale che garantisce la piena autodeterminazione dei soggetti in transizione considerandoli nella loro totalità, quindi anche come lavoratori e lavoratrici – sottolinea Daniele Serra, presidente di Pinkriot Arcigay Pisa – Speriamo che l’esempio virtuoso dell’Ateneo possa incoraggiare altre istituzioni pubbliche ad adottare strumenti di tutela nei confronti delle soggettività transgender che ancora oggi scontano in prima persona gli effetti di una normativa anacronistica che subordina il cambio di documenti a percorsi medici o a lunghe battaglie di tribunale. È una rivoluzione culturale quella di cui abbiamo bisogno, ma l’adozione di questi dispositivi, specie se accompagnati da percorsi formativi, ne facilità il lavoro”.